La Voce è una delle espressioni più importanti del nostro essere, finestra aperta davanti al mistero. È un mezzo di conoscenza speciale, la nostra qualità vibratoria per eccellenza, manifesto della musicalità insita nell’intero universo. Come le impronte digitali, la voce è unica ed immediatamente riconoscibile.
Il linguaggio è il medium privilegiato della comunicazione, ma del suo aspetto sonoro in genere non ci curiamo, lo diamo per scontato.
Che la nostra voce ci piaccia o meno, che funzioni o riveli evidenti problematiche, tutto ciò solitamente resta un ambito sconosciuto e approfondito tutt’al più da chi ne fa un uso professionale.
Non sempre riusciamo ad accettare la nostra voce, non sempre ci riconosciamo in essa, spesso la avvertiamo poco veritiera, lontana dalla nostra personalità, scollata dall’immagine che vorremmo dare di noi.
Mentre dedichiamo molta cura e attenzione al corpo, siamo spesso timidi e inibiti nei confronti di un mezzo che, paradossalmente, usiamo in continuazione.
La voce è come una cartina di tornasole: mette a nudo il desiderio e al tempo stesso il timore di far venire a galla chi siamo.
Nella voce risuonano la nostra storia, i canti della terra, gli echi degli antenati, i messaggi dell’inconscio collettivo, le frequenze della materia invisibile che ci compone.
Un percorso attento e mirato di liberazione ed espressione della voce può aiutarci a capire e risolvere problematiche di varia natura; non ultimo, può avvicinarci al mistero delle origini.
La parola italiana “voce” deriva dal latino voxe dal sanscrito vāc, che per i Veda è un suono sacro fondante, come Om.
“Vāc è proprio la Parola totale vivente, vale a dire la Parola nella sua interezza. compresi i suoi aspetti materiali, il suo riverbero cosmico, la sua forma visibile, il suo suono, il suo significato, il suo messaggio”.1
Per il foniatra belga Tomatis2 è il fenomeno sonoro che dà forma allo spazio e inventa il tempo.
Il Divino musicalmente crea e si espande in tutto ciò che esiste fino alle infinite melodie delle forme di vita. E a cosa tende? Tomatis, per il quale tutto è ascolto, domanda:
“Si sa che l’uomo è un orecchio all’ascolto dell’universo?”3
Partendo dal presupposto che non è il nostro cervello che crea la coscienza, ma è la coscienza individuale, quale riflesso della Coscienza Universale, a creare la nostra esperienza, tutte le espressioni di vita vanno in un certo modo a chiudere il cerchio della creazione.
Vittorio Marchi, a tal proposito, fa un’analogia: la luce desidera rivedere se stessa, conoscersi e a tal fine crea l’organo, quello che noi chiamiamo occhio, che altro non è che luce in forma solida. Senza l’occhio la vibrazione “luce” non si potrebbe rispecchiare.
Il cervello, secondo questa ottica, è di fatto un trasduttore di vibrazioni.
Proseguendo su questa idea, possiamo immaginare che anche il suono, nel desiderio di riconoscersi, abbia creato l’orecchio e la laringe.
La voce, come il monocorde di Pitagora, può essere un filo teso fra la terra e il cielo. Lo scopo degli esseri umani, attraverso il linguaggio e il canto, è divenire l’essere per eccellenza della comunicazione col cosmo. Più la voce è bilanciata e armoniosa, più potremo attrarre per risonanza l’energia vitale che è fonte di salute e gioia.
La vita è parte integrante dell’universo. Ed è bello pensare che da questa nostra postazione in mezzo alla sconfinata galassia rispondiamo alle stelle di cui siamo figli, per dialogare e risuonare intorno, goccia e oceano, nota e sinfonia, uno e tutto.
1 R. Panikkar, I Veda. Mantramañjarī.
2 A. Tomatis, Ascoltare l’universo.
3 A. Tomatis, ibidem.
Tratto dal libro “Il canto curativo – Un percorsa di conoscenza, cambiamento e auto-terapia”